Ehilà,
questi giorni sono stato molto impegnato nelle mie solite cose, podcast, eventi, molti eventi e tornei di beach volley. Ho incontrato tante persone e questo è uno degli aspetti più belli del mio lavoro.
Ho scritto tante cose nel frattempo ma nessuna mi piaceva e non c’era niente che valesse la pena pubblicare. Poi è venuto fuori un tema che covavo lì da tempo e siccome ne avevo bisogno ho pensato di buttare giù tutto.
Una cosa che amo fare è mettere insieme i frammenti della mia vita, pensieri, riflessioni, e cose che leggo quà e là. Tutte in un unico contenitore.
Poi da lì parto con il bricolage, incollando insieme i pezzi come pare a me.
Qualcuno l’ha definito in maniera molto figa “bricolage esistenziale”, io invece penso sia solo un modo molto umile per dare un senso alle cose che vivo e alle emozioni che provo.
Oggi il tema è veramente di quelli tosti.
Pronti? Vamos.
Lasciare andare fa paura.
Ci aggrappiamo a ciò che amiamo, anche quando ci fa male. Pensiamo che trattenere ci salvi. Ma a volte, è proprio mollare la presa che ci libera.
Nessuno ci insegna come si fa. Eppure, imparare a lasciare andare è una delle cose più importanti che possiamo fare nella vita.
L’illusione del possesso
Noi non siamo fatti per lasciare andare.
Cerchiamo di possedere le cose, le persone che amiamo e i luoghi in cui abitiamo.
Ma sfortunatamente tutto ciò che tratteniamo rischia di morire e l'unico modo è lasciarlo andare.
Le cose che ci hanno accompagnato fino ad ora non è detto che debbano accompagnarci nel viaggio che ci attende.
Pensiamo di poterle trattenere ma non è così. Se ne vanno, anche contro la nostra volontà e non possiamo farci nulla.
Ho capito nella mia vita che lasciare andare è una delle esperienze più dolorose che ci sia, ma anche una delle più necessarie. È una esperienza che toglie il fiato ma, come quando risali dal fondale del mare dopo una lunga apnea, ti permette poi di respirare a pieni polmoni.
Una persona cara che se ne va
Un amore che finisce.
Un amore che non può iniziare.
I sogni.
Le aspettative
I luoghi che prima chiamavi casa.
La paura di lasciare andare
Ci aggrappiamo ai rancori, alle assenze, alle mancanze, ai dolori irrisolti, ai fallimenti del passato, alle relazioni che non sono più.
Pensiamo di dover trattenere una persona perché ci abbiamo passato tanto tempo insieme.
Tratteniamo persone che non vogliono restare, relazioni che si trasformano in abitudini, sogni che non ci appartengono più.
Tratteniamo certezze che ci hanno fatto sentire al sicuro, ma che ora ci impediscono di crescere.
Paradossalmente ci attacchiamo ancora di più a ciò che ci fa soffrire, a ciò che non siamo, a situazioni che non ci rappresentano davvero, o non ci rappresentano più. Perché noi nel frattempo siamo cambiati. Oppure gli altri sono cambiati, e non ce ne siamo accorti.
Freud dice che "L'umanità ha sempre barattato un po' di felicità per un po' di sicurezza"
Tratteniamo perché ci dà sicurezza. Per questo non molliamo. Per paura di deludere noi stessi e gli altri.
Tratteniamo perché in fondo abbiamo paura che esista qualcuno, là fuori, che possa addirittura amarci così come siamo. Senza filtri, senza maschere, senza dover essere qualcun altro per forza. Ma se una cosa è veramente parte del nostro destino, non richiede forzature.
Viene facile. Non c’è bisogno di forzarla.
Trattenere invece è come cercare di infilare il pezzo di un puzzle in un posto che non è il suo. Malgrado tu lo forzi e smussi gli angoli, non entrerà mai. A questo punto è meglio lasciarlo lì sul tavolo e provare con qualcos'altro.
Perché lasciare andare
Ci sono momenti nella vita in cui ogni sforzo sembra inutile, in cui le cose accadono fuori dal nostro controllo e resistere non fa altro che aumentare la sofferenza. Lasciare andare non vuol dire arrendersi o perdere qualcosa, ma permettere alla vita di continuare il suo corso, di essere ciò che è, senza cercare di forzarla inutilmente.
Daniel Lumera
Lasciare andare è proprio questo, accettare che le cose vadano come devono, senza dover interferire. Stare con ciò che accade, per come accade, senza la pretesa di volerlo cambiare.
Abbassare le braccia, fare un respiro e farsi attraversare dalla corrente.
Lasciare andare richiede coraggio
Lasciare andare richiede coraggio, tanto coraggio. Il coraggio di affrontare il vuoto e di fidarsi della vita e a quel punto mollare significa anche un po' morire a sé stessi.
A volte lasciare andare è una liberazione, a volte è dolore, a volte un atto di amore.
Talvolta, liberazione, dolore e amore coincidono nello stesso istante che li contiene.
Daniel Lumera
Sei mai stata a sciare? Ero piccolino quando per la prima volta ho preso uno skilift.
Non sapevo nemmeno come stare in piedi e mi hanno fatto appendere a questo cavo d'acciaio che mi strattonava verso l'alto.
La sensazione più brutta quando sei li attaccato è perdere l'equilibrio, cadere e continuare ad essere tirato. Ecco, trattenere lo skylift mentre sei per terra, è la cosa peggiore che puoi fare. Rischi di rovinarti i guanti, sbattere contro i pali e fare uno sforzo enorme per rimanere attaccato. Anche completamente inutile, perché non riuscirai mai ad arrivare in cima all'impianto in quelle condizioni.
Se trattieni, ti irrigidisci. Ti blocchi. Non vai avanti. Mollare la presa a quel punto è l'unica soluzione.
In molti credono che per scalare una parete ci voglia forza, invece è proprio il contrario. Scalare non è questione di tenere, è questione di lasciare andare ogni cosa. La paura, l'incertezza, il dubbio, la sicurezza, i problemi, le soluzioni, il passato, il futuro, le prese gli appigli.
Tutto quanto.
Lasciare andare in un movimento contrario che arriva fino al cielo
(Francesco Vidotto - Onesto)
E lasciare andare non è così facile quando ti sembra di essere aggrappato a l'unica ancora di salvezza che hai. Non avere quell'ancora vuol dire avere a che fare con il vuoto.
Temiamo l'incertezza, perché ci spaventa il vuoto che il lasciare andare crea.
Il vuoto è insopportabile. Non sentire più la voce, l'odore e le sensazioni che crea l'altra persona è dura, ma è necessaria.
Mettilo un punto
Alla fine del paragrafo
Alla fine di un progetto
Alla fine di un amore
Così puoi ripartire con la A maiuscola
(Skande)
Non c'è una formula per farlo. Io almeno non l'ho trovata. Io sono un tecnologo, ho avuto a che fare con i numeri per una vita e quando non riesco a trovare soluzioni oggettive mi trovo a disagio.
Ma quando si tratta di mettere un punto, l'unico modo che ho trovato, è seguire il cuore.
A volte è importante mandare all'aria i piani che ti eri prefissato, la vita che avevi programmato e vivere l'esistenza che davvero ti aspetta. In questi momenti cruciali ascolta sempre il tuo cuore: è la bussola che saprà guidarti nella foresta innevata
Lo spirito guida
E un'altra cosa che mi ha aiutato tantissimo a capire tutto questo: è che il possesso è un'illusione. Perché dà per scontato che quella cosa, persona o esperienza rimanga lì per sempre, mentre:
La vita di chi è davvero felice è un atto di custodia non di possesso.
Daniel Lumera
Custodire non possedere
Che verbo bellissimo: custodire.
Riflettere sul suo significato mi fa battere forte il cuore.
Custodire è una cosa delicata e al tempo stesso difficilissima da fare.
Essere custode è un azione temporanea, implica già in sé una fine. Un lavoro a tempo determinato, un contratto a scadenza.
Come l'albero che custodisce le foglie prima di perderle in autunno.
Il genitore che custodisce un figlio per anni prima che se ne vada di casa.
L'amante che custodisce nel cuore un amore non ricambiato o un amore che non può nascere.
Significa mettere davanti la vita dell'altro, i suoi sogni e suoi desideri, rispetto ai tuoi di bisogni.
Custodire le emozioni che hai provato, chiuderle in un cassetto e lasciarle lì. A prendere polvere.
Credo che custodire senza voler possedere è un grande atto di amore, forse uno dei più grandi.
Per custodire bisogna imparare a mollare
Ma per custodire davvero qualcosa — o qualcuno — dobbiamo prima accettare che non ci appartiene.
E che potrebbe andarsene.
E che a volte siamo noi a dover lasciar andare, proprio nel momento in cui vorremmo stringere più forte.
Ed è lì che si manifesta il vero affetto.
È lì che comincia il coraggio.
E allora sì, arriva un punto in cui bisogna scegliere.
Scegliere di mollare. Anche se fa male. Anche se vorresti fare tutto l’opposto.
Anche se quel vuoto ti sembra un troppo grande da sopportare.
Bisogna imparare a mollare. Che non è segno di sconfitta o debolezza ma di maturità e coraggio. Perché lasciare andare via sogni, aspettative, persone, è tremendamente difficile e complesso. Significa anche accettare di sentirsi un po' più soli e fragili ma soprattutto accettare che i piani possono cambiare, che ci sono traiettorie non prevedibili che quello pensavamo fosse perfetto per noi forse in fondo non lo era realmente.
(Alessia Carlozzo)
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📚 Cosa ho letto ultimamente
Bellissimo articolo di Marketing Espresso sulla crescita delle community offline a scapito delle app di dating
Oggi tutto ci è permesso. Ma questo ci incoraggia a non decidere mai, come se l'impegno fosse una trappola e la decisione un limite.
Corteggiamo tutte le opportunità e non ne sposiamo nessuna.
Essere liberi non significa poter fare tutto o essere tutto, ma decidere cosa conta davvero e tagliare il resto.
(Skande)
Dobbiamo ammettere che per generazioni abbiamo cresciuto i figli maschi nell’idea che essere uomini significhi non piangere, non mostrarsi vulnerabili, non accettare sconfitte.
Che gli abbiamo insegnato a vedere nelle donne non delle persone intere, ma delle funzioni: madri, mogli, fidanzate, amanti. Ruoli al loro servizio.
Forse perché significherebbe mettere in discussione un intero immaginario di mascolinità che attraversa classi sociali, generazioni, orientamenti politici.
Un immaginario che fa ancora fatica a concepire maschi sensibili, emotivamente alfabetizzati, capaci di stare nel dolore senza trasformarlo in rabbia distruttiva.
Stanno crescendo in un deserto emotivo, circondati da adulti che loro stessi non sanno come orientarsi nel territorio dei sentimenti.
E quando arriverà il momento - quando incontreranno il loro primo grande rifiuto, la loro prima vera perdita - alcuni di loro non sapranno come fare altro che distruggere.
Il femminicidio di Martina Carbonaro, come quello di Aurora, di Ilaria Sula, di Sara Campanella, ci sta dicendo qualcosa di molto chiaro:
il problema non sono i singoli mostri, ma un sistema che continua a produrre maschi incapaci di amare senza possedere.
Lasciare andare è difficile e fa paura. La paura in se non sta in quello che si lascia, ma in quello che potrà essere dopo, chi saremo noi "senza" e cosa faremo. In questo dovremmo imparare dai bambini e dai ragazzi che vivono un periodo ricco di conquiste e abbandoni senza troppe preoccupazioni. Crescendo si perde questa capacità, è come se nella parte centrale della nostra vita ci caricassimo di una zavorra tale da rendere tutto maledettamente difficile.
Grazie dell' articolo, ne gli ultimi 5 anni mi sono confrontato spesso con questo tema ed ho quasi raggiunto una certa serenità nel "lasciare andare"
Mollare la presa è ciò che sto cercando di fare. Mollare la presa sulle mie maschere che ho messo su per essere brava, giusta, non deludere, farmi amare.....eccetera, eccetera. Non so se ci riuscirò....ma mi sembra di intravedere uno spiraglio! Grazie, mi hai fatto riflettere!
Ste