L'arte di deludere gli altri
Ribellarsi alla paura di non essere abbastanza e fregarsene delle aspettative
Ehilà,
mi piace scrivere sul treno. Sono di ritorno da Milano, le cuffie nelle orecchie, le dita che volano sulla tastiera. Mi isolo nel mio mondo, senza interruzioni, senza altri pensieri. Le frasi che vengono giù una dopo l’altra, senza sforzo, nel flow (come dicono quelli fighi). I ricordi che si accavallano, le ferite che si riaprono e sanguinano, ma non importa. Va bene così. Scrivere è come una grande medicina per l’anima. Io non scrivo perché è bello o perché è figo. Scrivo perché ne ho bisogno.
Diceva qualcuno che “I libri non si scrivono in terrazza con l’oceano davanti, ma nelle cantine buie e umide, e siccome da quelle cantine devi uscire per non morire, allora ti aggrappi a quel che hai. C’è chi ha la fortuna di avere una scala a pioli, chi un buon lavoro, chi una famiglia. Ad alcuni è toccato di avere una penna.”
Ecco la mia penna.
Pronti? Vamos.
Nel 1964, Bob Dylan prese in considerazione l’idea di smettere.
All'apice della sua carriera, osannato dal mondo e dai fan, si guardava allo specchio e odiava quello che vedeva.
Il folk e le canzoni come "Blowin’ in the Wind" che lo avevano consacrato nell'olimpo delle star, lo avevano ormai stufato.
“Faccio questi concerti e mi chiedo: ‘Verrei a vedermi stasera?’ e devo rispondere onestamente: ‘No, non verrei…’”.
Esaurito e pronto a lasciare la musica, Dylan si domandò che tipo di musica gli sarebbe piaciuto suonare. “Voglio suonare il rock, imbracciare una chitarra elettrica e formare un gruppo”
Così, per il bene della propria longevità creativa, Dylan iniziò a ri-orientare i suoi gusti e le preferenze musicali personali.
Nel film "A complete unknown" c'è una scena epica, è il 1965 Bob Dylan è attesissimo dai suoi fan nel tempio del folk: il Newport Folk Festival. Quando sale sul palco lo attende un boato pazzesco, tutti sono in attesa.. e subito dopo solo il silenzio, un brusio di contestazione sale tra la folla.
Bob si presenta con una chitarra elettrica e con un gruppo che lo accompagna, lui che era solito suonare tutto da solo.
"One two three.. Once upon a time.."
Suona per la prima volta una canzone iconica che sarebbe poi passata alla storia: Like A Rolling Stone
Ma lì a Newport parte il finimondo, tutto il pubblico inizia a fischiare e a gridare “Togli quella chitarra elettrica” “Vogliamo il vecchio Dylan!” "Che schifo è questo?"
Dylan ignora i fischi e va avanti fino alla fine, poi se ne va, fregandosene di tutto.
Deludendo tutti. Gli organizzatori, gli amici e tutti i suoi fan.
"That tears it","Adesso basta" e fugge dal palco.
Lo sapeva Bob, si aspettava che sarebbe successo, ma ha preferito farlo lo stesso. Amava la nuova musica che aveva scelto, ed era stufo di voler deludere sé stesso.
“Adesso”, disse Dylan poco dopo Newport, “quando mi chiedo se vorrei venirmi a sentire, devo dire di sì. Mi piace. Davvero, mi piace un sacco. Non penso più a smettere.”
—
Più passano gli anni, più sono convinto che una delle capacità più importanti da imparare in questa vita sia "l'arte di deludere gli altri". Come ha fatto Dylan.
Non intendo solo che dovresti essere più comprensivo con te stesso, quando ti senti in colpa per non aver soddisfatto le aspettative altrui (anche se dovresti farlo, sì).
Intendo proprio che vale la pena esercitarsi nel deludere gli altri e lasciare che i sentimenti che ne derivano ti penetrino nelle ossa, rimanendo quanto più possibile in quello spazio scomodissimo che si chiama "essere una delusione" per qualcuno
Perché è meglio deludere gli altri che vivere una vita che delude te stesso
Te lo confesso: la paura di deludere ha condizionato continuamente la mia vita, in peggio.
La paura di non essere mai all'altezza, la paura di non essere mai abbastanza per le aspettative di qualcuno.
E' stato per me come inseguire un traguardo irraggiungibile, correndo a vuoto all'infinito, perché è impossibile non deludere le persone.
L'unico antidoto è lasciare la presa, mollare, smetterla di rincorrere e iniziare a scontentare tutti.
Vuoi provarci anche tu? Fai così, prova deludere almeno una persona nelle prossime 24 ore. Intenzionalmente.
Provalo, probabilmente lo odierai. Odierai le reazioni di questa persona e finirai per detestare te stesso per averla delusa. Ma passato il malessere iniziale capirai anche, come è successo a me, che più riuscirai ad essere a tuoi agio nel deludere gli altri, più cose belle inizieranno ad accaderti.
Su tutti i fronti: ti sentirai incredibilmente vivo, più produttivo e più coinvolto nel tuo ruolo come partner, figlio e amico.
Sai qual è il modo più semplice per farlo? Imparare a dire di no, declinare richieste, rifiutare inviti e negare la tua disponibilità.
Non è brutto come sembra, non è egoistico, serve solo a rimettere a posto le priorità.
Cioè mettere davanti quello che ti fa bene, che ti fa stare bene, rispetto alle aspettative degli altri su:
come dovresti essere
chi dovresti diventare
cosa dovresti fare
Davanti ai mille "non ti sei sposato" "non hai figli" "non hai una relazione stabile" "non hai un lavoro vero" "non sei la persona che credevo" "non sei il padre che credevo" e bla bla bla, inizierai a tirare un bel sospiro di sollievo.
Scoprendo che puoi sopportare il malessere generato dei giudizi negativi, senza che questo distrugga la tua vita. E che la maggior parte delle volte non ci sarà alcun giudizio negativo, non quello che ti aspettavi.
Alfred Adler nel suo libro "il coraggio di non piacere" sostiene che:
Ci sono poche cose da fare in vita, lavoro, relazioni che sono veramente tue. Le altre sono "cose di altri", appartengono agli altri, sono loro esigenze, richieste, bisogni e aspettative.
Essenzialmente tutti i problemi della vita nascono dal cercare di compiacere le richieste di altri e convincere gli altri a compiacere i tuoi
Ma perché è così difficile deludere le persone? Per due motivi:
non sappiamo dire di no
non sappiamo sostenere il senso di colpa che ci assale dopo averlo fatto
Ecco, te lo dico subito. Non puoi evitare il senso di colpa, quello te lo devi tenere, fattene una ragione e continua ad andare avanti. Lo devi fare per un obiettivo più grande: la tua serenità.
Perché le nostre energie, il nostro tempo e la nostra pazienza sono limitati.
Quando non riesci a farlo, non si tratta solo di un "non sapere dire di no" ma negarti l'autenticità e leggerezza che ti meriti.
E' una forma atroce di sofferenza da cui ti sembra non convenga uscire.
Ma mentre stai tentando in tutti i modi di non perdere le altre persone, stai perdendo la tua, di vita.
Per non abbandonare gli altri.
Tu, ti abbandoni continuamente.
How does it feel,
how does it feel
To be on your own
with no direction home
Like a complete unknown
like a rolling stone?
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Fare 8 ore su task e riunioni infinite non serve. Meglio 60-90 intensi e poi 30 minuti di pausa. Meglio 5 gg tirati e poi mezza giornata di stacco.
Meglio l’armonia e non l'equilibrio tra vita privata e lavoro
Nessun algoritmo può duplicare al 100% la combinazione di creatività, empatia, intuito e valori che appartiene a un individuo. È lì che risiederà il vantaggio competitivo degli umani. La tua visione del mondo, filtrata attraverso la tua personalità e le tue esperienze, non è automatizzabile.
Nel mondo del algoritmo e dell’Ai puoi fare la differenza mettendo tutta la tua visione del mondo in quello che scrivi e in quello che crei. Ancora Matteo Roversi
Seguendo l'esempio delle piattaforme streaming e degli editori, anche i creator stanno trasferendo le community dalle piattaforme social tradizionali a spazi come Kajabi, Circle o Discord, dove la propensione a spendere dei follower è più importante del loro numero totale, privilegiando la capacità di generare reddito rispetto alle visualizzazioni accumulate.
Le community e il rapporto che hai con le persone valgono molto più delle views. Piano piano ci stanno arrivando tutti. Grazie
Stavo pensando di sostituire il pezzo finale di linke a rolling stone con questo.. che forse ci sta meglio. Che dite?
I’m not the one you want, babe
I’m not the one you need
You say you’re lookin’ for someone
Never weak but always strong
To protect you an’ defend you
Whether you are right or wrong
Someone to open each and every door
But it ain’t me, babe
No, no, no, it ain’t me, babe
It ain’t me you’re lookin’ for, babe
Ciao Alessio ti leggo all’alba ma non credo che l’orario condizionerà quello che ti dirò è che, forse, ti deluderà. Non credo che il problema sia non saper dire di no. Credo che il problema sia la paura di non appartenere a nessuno, di non far parte di un gruppo, di una comunità, di essere un outsider e sentirsi soli. In questo senso c’è una grande differenza tra deludere i tuoi fan, come fece Bob Dylan ( che deluse anche quando mandò Patti Smith a ritirare il Nobel mentre Patti Smith non deluse quando cantò male al Nobel ma ci parve meravigliosamente umana) e deludere una persona singola. Deludere i fan fa parte del processo di costruzione di un’identità autentica. Deludere una persona specifica fa parte della storia di quella relazione e può essere infliggere un dolore che richiede riparazione. E non senso di colpa ma, casomai, rimorso. Ecco, adesso che ti ho deluso e che ho fatto uno dei miei soliti spiegoni deludenti vado a meditare sulle mie delusioni 😊🙏